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Thursday, 20 September 2012

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Premessa
Correva l’anno 1979 e nelle sale cinematografiche di tutto il mondo approdava Alien! Fu subito definito cult movie. A distanza di trentatré anni Ridley Scott torna alla ribalta con il nuovo prodotto legato al brand Alien, sarà all’altezza delle attese?

Cast

 


Recensione
Anno 2089 un team di studiosi insieme al loro equipaggio e grazie a finanziamenti provenienti da un ricco sconosciuto intraprendono un lungo viaggio sull’astronave prometheus per scoprire le origini della vita sulla terra! Questa nuova incarnazione è suddiviso in due parti; una visiva e una narrativa. L’aspetto visivo del nuovo brand della serie Alien rispecchia tutte le aspettative grafiche che l’hanno caratterizzata. Nella sezione narrativa vengono ripresi la metodologie narrativa del primo episodio e non a caso se le si osserva con attenzione sono le medesime.
Finalmente viene svelato chi sia gigantesco alieno ignoto, lo Space Jockey, fossilizzato sulla sedia di comando dell'astronave derelitta a cui accede la ciurma della Nostromo all'inizio di Alien. Nell’arco dell’avventura del nostro team noteremo la mancanza reale di novità perché a conti fatti questo Prometheus riprende il design delle astronavi, quello alieno (ricalcando con meno fantasia le idee biomeccaniche di Giger) e in certi punti anche alcune idee visive vincenti, forse proprio per questo motivo il film non entusiasma più di tanto e dia quasi l’impressione di essere una minestra riscaldata. Quello che manca realmente a questo prodotto è la tensione reale che si percepiva in Alien. Nulla toglie l’indiscussa professionalità del cast e della produzione audio/visiva ma questi due elementi se pur fondamentali non bastano a ricreare l’emozioni passate. Va sottolineato inoltre la mancanza reale di originalità nel dare alla specie “aliena” una forma primitiva quindi un profilo alfa e come questa si sia evoluta. Tutto mi sarei aspettato ma non di ritrovarmi una creatura aliena come quella nata dalla mente di Giger nella sua forma originale rappresentata come un polipo. Forse il regista insieme allo scenografo e al suo team hanno voluto una chiave di lettura interpretativa più “terrestre” che “aliena” rimandando allo spettatore finale la possibilità di immaginare come nel corso del tempo il polipo si fosse evoluto, la chiave si trova nelle ultime scene del finale. In conclusione questo nuovo capitolo non entusiasma più tanto a causa della sua troppa semplicità ma chiarisce alcuni punti fondamentali del brand. Un ritorno alla fantascienza anni 70s che non riesce a ricalcare le imprese compiute con il primo capitolo di una saga ormai cult.

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